Tra agosto e settembre è tradizione del Sud fare la conserve di pomodori. Chi ha origini meridionali può ben confermare questa usanza, ancora molto in voga, nonostante l’era dei prodotti industriali e le mode.
Non voglio soffermarmi su come queste vengono fatte. Ogni luogo/regione ha la sua “magica ricetta” che viene tramandata in modo quasi misterioso da padre a figlio. Sono cambiati magari i mezzi (dalla spremitrice a manovella a quella elettrica), ma il cuore della procedura è rimasto invariata, ad eccezione di quella fatta oggi dai “modernisti” con l’ausilio del famoso robot da cucina.
A chi è un po’ in erba, ma vuole “divertirsi” a fare questo tipo di conserva, consiglio la guida scritta nel 2014 dal Ministero della Salute (clicca qui), dove viene spiegato bene, come realizzare conserve alimentari a casa, senza incorrere in intossicazioni.
Partiamo dalla materia prima. Quale pomodoro scegliere?
Il progresso biotecnologico e la globalizzazione ha fatto si che oggi esistono oltre 4 mila varietà di pomodori. Ovviamente non tutti sono perfettamente adatti per la famosa conserva.
Ricordo ancora ora, a distanza di molti anni, la differenza percettibile ad occhio nudo, che c’era tra i classici pomodori San Marzano (prodotto tipico campano) e quelli locali (rotondi ed enormi tipo costoluto), prodotti nella zona del sud Italia in cui ho vissuto. I primi molto più polposi e con poca acqua a differenza dei secondi. Quelli locali davano però un sugo più dolce di quello ottenuto dai pomodori San Marzano. Oppure le lunghe disquisizioni tra gli anziani del luogo, sul prodotto ottenuto ed ovviamente sui pomodori utilizzati (della serie ”il mio è meglio del tuo”). Sembrava di stare in un programma TV tipo Porta a Porta.
Oggi, soprattutto in città, è il supermercato che ti fornisce la conserva di pomodoro. Oltre alle classiche conserve industriali, ed ai prodotti dell’era moderna, come i sughi già pronti, (che fanno rabbrividire i veterani delle conserve!), si scovano tra gli scaffali anche le conserve di altri tipi di pomodori, come datterini o corallini e chi più ne ha più ne metta. Non voglio dire che non sono adatti, anzi!. Sicuramente hanno il loro caratteristico sapore ed una specifica consistenza, che un buon cuoco riesce ad utilizzare in modo valido, per i suoi piatti. Ormai si sa, non solo i vini hanno i loro caratteristici accostamenti ;).
Certo è che appartengono pur sempre alla grande industria e per il tempo che impiegano ad arrivare sulle nostre tavole, devono inevitabilmente contenere dei conservanti. Ne vale della nostra salute.
Se abbiamo comunque cura di ciò che mangiamo e non abbiamo modo di farli in casa, sarebbe preferibile comperarli da qualche piccolo produttore locale (al mercato coperto delle città si possono trovare), dopo aver ovviamente accertato la sicurezza del prodotto; oppure possiamo reperirli cercando su internet i piccoli produttori, i quali, oltre a preferire un metodo di conservazione che eviti l’aggiunta di conservanti, utilizzano magari pomodori locali, anziché quelli provenienti da qualche stato estero, di indubbia certificazione. In questo modo oltre alla nostra salute, potremmo salvaguardare il nostro bel Paese e le sue produzioni locali.
Esistono anche associazioni e cooperative nate per portare avanti questa bellissima tradizione. Vale la pena cercarle e dargli una mano nel loro intento.
Ne potrà beneficiare il nostro palato, nonché il nostro senso civico.
A voi la scelta!
Leggi anche l’articolo sulle conserve di frutta
A cura di Nicoletta Paolillo, biologa ricercatrice
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