Questa è una settimana particolare per l’alimentazione. Si celebra infatti la settimana della Dieta Mediterranea.
Al contrario di quello che si crede, la dieta mediterranea non nasce in Italia!
Fu introdotta la prima volta nel 1975, in uno studio (Seven Country Study*), del fisiologo statunitense Ancel Keys. Lo studio riguardava l’alimentazione seguita dagli abitanti di alcuni paesi del bacino mediterraneo (come l’Italia e la Grecia) a partire dagli anni 50, nei quali si riscontrarono degli effetti positivi sulla salute (cancro, diabete, infarto, obesità, ecc).
Parlare di questa dieta, non è semplice, poiché la si studia da più di 40 anni e perché non può essere considerata una semplice dieta, anzi ormai definirla solo dieta è riduttivo.
Il 16 novembre 2010 l’UNESCO l’ha inserita, (grazie ad un negoziato italiano), nella Lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Umanità, poiché in effetti non è solo uno schema alimentare. L’UNESCO, nell’assegnare il titolo, ha infatti dato motivazioni di carattere antropologico e non alimentare o sanitario. Secondo l’UNESCO tale dieta si basa sul concetto fondamentale del “mangiare insieme”. Viene, quindi, data importanza alla famiglia, al gruppo e alla comunità. A questo aspetto si uniscono i valori dell’ospitalità, del dialogo interculturale e del rispetto della diversità. Viene inoltre evidenziato il rispetto dei ritmi delle stagioni, delle tradizioni, delle festività ed anche il ruolo della donna, protagonista nel tutelare le tecniche di cucina e conservazione alla base di tale dieta e la sua trasmissione alle generazioni future.
Su cosa si basa in termini di alimenti?
Alla base c’è essenzialmente il consumo di 3 antichi alimenti, la cosiddetta Triade Mediterranea: olio, grano e vino. E’ una dieta che ha le sue radici addirittura nella religione perché una volta per gli uomini, il cibo era considerato una cosa sacra, un dono degli Dei.
In questi 40 anni sono state sviluppate circa 100 varianti di questa dieta, ed indicate con nomi anche a volte simili, giusto per creare confusione.
Quella a noi più conosciuta predilige il consumo in primis di buone quantità di frutta e verdura fresca, di stagione e locale. Favorisce inoltre il consumo di olio di oliva extravergine, di buona qualità. In generale viene consigliato un uso limitato di burro e di grassi in genere, così come delle carni, il cui consumo deve essere occasionale, a favore del pesce fresco.
Nel corso degli anni sono state create anche diverse piramidi alimentari. Quella di oggi comprende il consumo di 3 o 4 pasti. Ogni componente viene consumato con una frequenza stabilita. Nel 2015, sono state aggiunte alla tradizionale piramide, le pratiche sociali. E’ nata quindi la Piramide Universale della Dieta Mediterranea.
Alcuni autori italiani** in base agli ultimi studi, hanno giustamente proposto di mantenere alla base solo i cereali integrali ricchi di fibre ed a basso indice glicemico, e spostare invece all’apice della piramide i cerali raffinati (privi di fibre), le patate e gli altri amidi ad elevato indice glicemico, come pasta e riso bianco.
A mio avviso è un modello da poter seguire. Nel caso particolare e ormai molto frequente di intolleranze alimentari (da non confondere con le allergie), la variante “italiana”, può avere dei riscontri positivi per la salute, poiché alla base ci sono i concetti di Stagionalità e Varietà, quest’ultimo, elemento fondamentale per combattere le intolleranze. L’unica accortezza da tenere presente è la varietà di cereali integrali (leggi l’ebook sulle farine e cereali). La dieta mediterranea parla soprattutto di consumo di grano, mentre è sicuramente più salubre variare questo cereale con gli altri offerti da Madre Natura.
Guarda il video che racconta la storia e i segreti della Dieta Mediterranea clicca qui
A cura della dott.ssa Nicoletta Paolillo
*(Ancel Benjamin Keys, How to eat well and stay well the Mediterranean way, Doubleday, 1975)
** A. D’Alessandro, G. De Pergola, (2014): Mediterranean diet pyramid: a proposal for Italian people., in Nutrients
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